TRATTAMENTO IN PALESTRA DELL'OSTEOPOROSI

fig. 1:osso sano fig:2: osso con osteoporosi

 

Consigli per il trattamento dell’osteoporosi in palestra

A cura del Prof. Iengo Pasquale delegato W.A.B.B.A-C.S.E.N. per la Campania.

Importanza sociale del fenomeno

Sono infinite le connessioni tra sport e medicina e molteplici sono gli studi che le affrontano. Numerose sono anche le problematiche che si riscontrano in palestra, ma non sempre queste vengono suffragate da una copiosa ricerca scientifica e la risoluzione viene spesso affidata al buon senso degli istruttori o alle conoscenze personali che il paziente può aver accumulato negli anni e le porta agli stessi istruttori della palestra.

In forza all’esperienza venticinquennale accumulata nel fitness e degli anni in cui ho monitorato centinaia di over50 nei corsi di ginnastica medica, svolti sul territorio campano per L’Ecole et le Ballet®, posso affermare che un problema tralasciato nei corsi di formazione istruttori e negli stage monotematici è l’attività in palestra per soggetti affetti da problematiche scheletriche.

Nel vasto panorama delle disabilità, una percentuale significativa deriva dal prolungarsi della vita media, ovvero dal numero di anziani affetti da pluripatologie e da limitazioni funzionali significative. In Italia il numero di ultra65enni  è passato da circa sei milioni nel 1950 a circa 12 milioni nel 1990 con una previsione di 16 milioni nel 2020. La frattura di origine osteoporotica è la più alta di queste patologie scheletriche. Gli esiti di una “banale” frattura come quella del femore comportano un rischio di morte del circa il 5% in fase acuta (durante la caduta) e del 25% entro un anno. Ciò significa che il 75% degli anziani con una frattura come quella del femore muoiono entro il primo anno. Una cifra così alta dovrebbe richiamare l’attenzione delle Università di Scienze motorie e di Formatori vari su questo problema dall’apparenza banale, ma dai contenuti estremamente nocivi.

Cenni di fisiologia

 La diffusione dell’osteoporosi, indiscutibile concausa di fratture nell’anziano, è stata  ampiamente documentata: in Italia ne sono affette più di 4 milioni di donne.

Per osteoporosi s’intende una riduzione intensa e prolungata dell’intera massa ossea. Tale fenomeno enfatizza una fase di decremento fisiologico di tale massa che inizia dopo i 40 anni ed è più spiccato nelle donne e porta il soggetto ad una condizione di riduzione della matrice organica e della componente minerale ossea, fenomeno noto col termine di osteopenia. Il semplice depauperamento di mineralizzazione dell’osso è denominato osteomalcia.

Sul passaggio dall’osteopenia all’osteoporosi sono stati condotti numerosi studi ognuno dei quali non ha chiarito definitivamente la questione.

Il tessuto osseo costituisce l’impalcatura dello scheletro e quest’ultimo fornisce ai muscoli gli appigli e le necessarie inserzioni ad esercitare la loro azione di leva. A differenza di quanto si possa immaginare il tessuto osseo non è materia organica senza attività, ma in esso avvengono continui rimaneggiamenti in cui accanto a fenomeni di deposizione di tessuto da poco formato si osservano processi di riassorbimento. Tutti questi fenomeni vengono regolati da fattori ormonali, gravitari, meccanici e circolatori. Tali attività di metabolismo osseo sono dovute alla presenza di cellule denominate osteoblasti responsabili della produzione della matrice ossea e dell’accumulo di calcio, osteociti cellule che derivano dagli osteoblasti e regolano, tra l’altro, l’immissione in circolo di calcio e osteoclasti cellule spazzino che regolano i processi di riassorbimento. La fase osteoblastica e quella osteoclastica si avvicendano per tutta la vita in modo da rispondere a tutte le esigenze meccaniche rimodellando in continuazione l’osso.

Sembra che l’osteoporosi dipenda da uno squilibrio delle due fasi. Non esiste una sola forma di osteoporosi. Quelle in cui vi è un turn-over alto e quindi la velocità di deposizione è inferiore a quella di riassorbimento da luogo a fenomeni distrettuali come il Morbo di Sudeck. Quelle con un turn-over basso si verificano in soggetti anziani in cui è minimizzata l’attività di deposizione e il fenomeno è molto più esteso.

Si può schematizzare così: L’osteoporosi dipende da un ridotto assorbimento di calcio da parte dell’osso e da un sua elevata eliminazione, con deficit dell’attività osteoblastica. Il metabolismo del calcio è regolato dai due ormoni calcitonina e paratormone e dagli ormoni sessuali e l’assorbimento è in relazione alla vitamina D presente nell’organismo. Per comprendere il ruolo degli ormoni ovarici nell’assorbimento del calcio basti pensare che soggetti d’età media con isterectomia e soggetti in menopausa perdono progressivamente ogni anno dal 2 al 5% di tessuto osseo a secondo dell’osso.

L’osteoporosi incide significativamente su tutta la popolazione anziana in particolar modo di sesso femminile e comporta, come già ribadito, elevati rischi fratturativi. L’evento traumatico porta alla ribalta una condizione che altrimenti potrebbe restare latente per anni.

Un altro tipo di frattura statisticamente più indicativo è quello a carico delle vertebre. L’osteoporosi vertebrale spesso si accompagna a problemi artrosici ed il dolore si cronicizza a livello lombare. Questa associazione molto frequente finisce per limitare l’importanza della sintomatologia dolorosa dipendente dall’osteoporosi. E’ questo il caso in cui l’algia si sposta dall’osso al sistema muscolare contiguo.

Una persona con queste caratteristiche finisce per essere trattato sia dal medico che in palestra come un soggetto con sciatalgia o protrusione discale, tralasciando un problema altrettanto grave. La valutazione strumentale è l’unica ad eliminare ogni dubbio ed ad indicare la terapia più specifica del caso. Tra i moderni sistemi d’indagine vi è la MOC, minelometria ossea computerizzata, che dispone di diverse tecniche di misurazione. Gli esami ematici come la fosfatasi alcalina, la calcemia e la calciuria sono indicativi di una possibile patologia che potrebbe non essere collegata all’osteoporosi (embolia polmonare, scompensi cardiaci, osteomielite, iperparatiroidismo, ecc.).

Il malato di osteoporosi in palestra

L’aumento dell’età media, l’interesse della terza e quarta età per il fitness porta alla luce una serie di problematiche non di poco conto per l’istruttore. Se il fattore predisponente delle fratture è da attribuirsi alla fragilità ossea, non bisogna tralasciare che le lesioni sono anche in parte dovute all’insufficienza muscolare ed alla ridotta escursione articolare che impedisce di attuare i comuni meccanismi di difesa ad uno scivolone, ad una perdita d’equilibrio o ad un repentino cambio di postura.La naturale riduzione d’efficienza muscolare che si verifica con l’avanzare dell’età compromette ogni situazione motoria, facendo diventare situazioni limite quelle che una banale contrazione muscolare più forte potrebbe risolvere.

La biomeccanica c’insegna che il grado di mineralizzazione di un osso è direttamente proporzionale a due parametri: il carico di deformazione che c’indica qual è la tensione che un osso assorbe prima di deformarsi ed il carico di rottura che ci dice qual è il massimo carico che un osso sopporta prima di rompersi.  A certificare tale assioma annoveriamo il caso d’astronauti della N.A.S.A. e Russi che al loro rientro a Terra mostravano gradi d’osteoporosi localizzata a causa della mancanza di gravità, fenomeno che con il ripristino della forza di gravità non scompariva del tutto. Ancora si osservano osteoporosi da pazienti immobilizzati a letto o a pazienti con disuso d’arti fratturati.

S’inizia, a questo punto, ad intravedere nell’esercizio fisico costante e mirato uno dei possibili interventi da mettere in atto contro l’osteoporosi a differenza di ciò che veniva fatto appena una decina d’anni or sono. Al paziente con osteoporosi veniva proibito ogni sport, e su questo si è d’accordo, ma gli veniva imposto il riposo assoluto che finiva di peggiorare il quadro degenerativo influendo, appunto, negativamente sulla massa magra ( e aggiungerei anche grassa).    

Il rapporto tra sviluppo della massa muscolare e sviluppo della densità ossea è stato documentato in numerose ricerche cliniche: lo sviluppo del quadricipite, del gluteo e degli adduttori si ripercuote sulla massa ossea del femore e dell’anca. Secondo il Trevisan in uno studio datato 1989 la tensione muscolare è lo stimolo più efficace per la conservazione della massa ossea; il Vico due anni dopo osservava che un’attività muscolare localizzata incentivava lo sviluppo osseo di quella zona.

Altro aspetto importante da considerare  nel rapporto massa muscolare/densità ossea è la capacità del muscolo a trasportare ossigeno, nonché la sua capillarizzazione. L’ossigeno ha un’azione diretta sul metabolismo osseo: il deficit d’irrorazione del tessuto osseo predispone lo stesso ad una veloce perdita di densità. Questo è dovuto al fatto che le vene e le arterie del periostio derivano e confluiscono in quelle muscolari  per cui l’incremento del microcircolo locale si riflette positivamente sul circolo osseo. Ciò apporta maggiori sostanze nutritive ed un migliore drenaggio dei cataboliti del metabolismo osseo. Un altro effetto positivo del miglioramento della circolazione locale è quello di un migliorato trasporto dei farmaci usati in questa patologia, farmaci che con grosse difficoltà raggiungerebbero i siti ossei in cui esplicano la loro azione. Si deve riconoscere al fitness la possibilità di attuare tutti gli “step” necessari alla prevenzione prima ed alla cura dopo dell’osteoporosi. Le sollecitazioni meccaniche imposte a distretti muscolari contrastano la perdita di massa ossea, la capacità aerobica muscolare migliora gli scambi tra osso e muscolo, l’efficienza e l’elasticità muscolare si accompagna al mantenimento dell’elasticità capsulo-legamentosa e l’aglità e la fluidità dei movimenti diviene il più importante fattore di prevenzione alle fratture.

Come impostare un programma di allenamento

A questo punto della trattazione a voi istruttori sarà chiaro come impostare un programma di allenamento per persone affette da osteoporosi. In primo luogo considerare l’età del soggetto, l’anzianità d’allenamento, la biotipologia, le abitudini di vita e poi si redige il programma d’allenamento. Questo non può prescindere da eventuali ulteriori patologie muscoloscheletriche come artrosi, dimorfismi della colonna vertebrale, ernie discali, lussazioni e fratture o patologie che in età avanzata si possono riscontrare come diabete, ipertensione arteriosa, ipercolesterolemia, infarto del miocardio e asma.

Iniziamo il percorso facilitando il problema: il soggetto è un’anziana, non è allenata, è una meso-ectomorfo senza soprappeso e fa la casalinga.

Le parti più esposte a fratture in tali soggetti sono i polsi, le vertebre dorso-lombari, spalla e clavicola, anca, testa del femore e caviglia.

Gli esercizi di potenziamento localizzato dovranno essere rivolti a questi settori. Una viva raccomandazione che faccio è quella di badare al range di movimento: l’escursione articolare in tali casi è ridotta ed un esercizio condotto per un arco di movimento giusto per l’istruttore, ma troppo ampio per l’anziano, procurerebbe lesioni alla capsula articolare, quindi movimenti di ridotta escursione. Altro consiglio è quello per le sollecitazioni al rachide vertebrale. La colonna può compiere movimenti di flessione, estensione, rotazione ed inclinazione laterale: quelli che apportano una maggiore stimolazione meccanica sono solo i primi due. Uno studio di Sinaki del 1984 sul rischio di fratture della colonna vertebrale in soggetti osteoporotici in funzione ai movimenti ci dice che le fratture in seguito ad esercizi in flessione sono l’89%, mentre quelle dovute ad esercizi in estensione sono del 16%; l’accoppiata flesso-estensione provocava fratture nel 53%. Da ciò si ricava che i movimenti in estensione, al contrario di quanto si potesse immaginare, sono i più indicati. In forza di queste conoscenze l’istruttore può far compiere un esercizio in decubito prono con mani ai lati del viso e rachide che si estende per un tratto esiguo: saranno rafforzati ileo-costale, lunghissimo del dorso, spinale, multifido, semispinale, interspinali e intertrasversali. Accortezza va fatta all’eccessiva estensione che andrebbe a comprimere i dischi intervertebrali. Sempre alla luce della ricerca del Sinaki come saranno eseguiti gli esercizi per gli addominali? Si eviteranno i movimenti in flessione del busto (crunch) e si sfrutterà la flessione delle gambe sul bacino senza sovraffaticare l’ileo-psoas che trova il suo range ottimale di lavoro quando si parte a gambe tese dal pavimento fino a 30° (movimento sempre sconsigliato). Spero che a questo punto non vi stiate chiedendo come lavorare gli addominali alti? Ho dubitato male? Chiedo scusa. Ripeto per quelle persone che, sentendo pubblicità televisive di attrezzi che mettono la scienza sotto i piedi, sono tratte in inganno:-  il retto addominale è unico e in forza della «Legge del tutto o nulla» lo potete lavorare da inizio a fine sia con movimenti di flessioni di bacino sul busto tipo “leg raise” e viceversa come nel “crunch”    

Gli esercizi d’equilibrio e coordinazione sono un ulteriore obiettivo da perseguire nel programma. Esercizi semplici come lo stare in appoggio monopodalico, il camminare sulle punte dei piedi o all’indietro, l’usare attrezzi come travi, assi, mezzelune aiutano a recuperare un equilibrio che con gli anni è diminuito stimolando una serie di propriocettori muscolari che a loro volta attivano fibre del muscolo che sarebbe difficile far lavorare. Come coordinazione sarebbe utile imparare a cadere come si fa nel Judo, ma è qualcosa di difficile attuazione in sala fitness, allora il rotolarsi, rialzarsi e lasciarsi cadere da inginocchiati ritorna utile. Il rischio che una caduta esiti in una rottura del femore dipende dalla tipologia della caduta che, diversamente dal giovane, non avviene catapultando il soggetto in avanti con caduta a faccia a terra e tentativo delle braccia di ripararsi, ma verso dietro con perdita di equilibrio e sbilanciamento della persona con una gamba che resta sotto il bacino e l’altra che va in avanti. Stranamente gli obesi moderati sono più protetti nelle cadute rispetto ai soggetti  smilzi. Infatti il tessuto adiposo converte l’ormone di origine surrenalica androstenedione in estrone con proprietà osteotrofiche ed, inoltre, l’adipe in zona trocanterica attutisce il colpo proteggendo il femore.

Nel lavoro con macchine e pesi la gamma della serie sarà fatta in funzione della soglia d’allenabilità del soggetto, soglia che col tempo s’incrementa. Le ripetizioni sono, invece, funzione dei meccanismi biochimici del muscolo e dei risvolti che si hanno: in breve basteranno 12 reps per tono e trofismo muscolare, 20 per migliorare il microcircolo locale e  8 per la stimolazione meccanica. Per il tono la velocità sarà media, il range ridotto e il carico medio; per il microcircolo è utile la tensione continua con esercizio di preferenza alle macchine se non si tratta di persona espertissima e carico medio;  per la stimolazione meccanica la velocità di conrazione sarà più alta, la fase negativa rallentata, carico alto, ma sopportabile con un lieve rimbalzo articolare utile al mantenimento della massa ossea.

Non tralasciate mai esercizi d’intra ed extrarotazione degli arti superiori ed inferiori incrementando quelli che dall’analisi posturologica eseguita al cliente decidete più necessari nonché quelli di supinazione e pronazione dei piedi allo scolo di prevenire le tanto temute fratture.

Conclusioni

La stimolazione meccanica sarà la base del lavoro al fine di migliorare la densità ossea, il trofismo muscolare rappresenta la premessa al miglioramento dell’irrorazione ossea e capsulo-legamentosa ed il potenziamento dei muscoli rappresenterà l’unica via di scampo in caso di una caduta accidentale.

Queste sono le premesse per un approccio scientifico del trattamento di un soggetto con osteoporosi: se ritenete che sia troppo elaborato come programma, tedioso da attuare perché rivolto ad un’anziana e non ad una bella ragazza o poco redditizio in funzione del tempo concesso abbiate l’onestà di dire al futuro cliente di cambiare Centro sportivo. La salute di chi si rivolge a noi è sacra e l’onestà premia sempre.

 

 

 

 

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